1930 – 1931
La Stazione Centrale di Milano non è un semplice edificio, ma una vera e propria “cattedrale del movimento”, una delle più grandiose e complesse opere architettoniche realizzate in Europa nella prima metà del Novecento. Progettata dall’architetto Ulisse Stacchini e inaugurata nel 1931 dopo un lungo e complesso cantiere, la stazione fu concepita come un potente simbolo di modernità e progresso. Per tradurre in realtà una visione così monumentale, che fondeva elementi assiri, Liberty e Art Déco, era necessario un materiale che fosse allo stesso tempo nobile, estremamente resistente e disponibile in quantità eccezionali: la Pietra di Aurisina.
La scala del progetto fu tale da richiedere uno sforzo produttivo senza precedenti, che mobilitò non solo la Cava Romana ma l’intero distretto estrattivo di Aurisina, in una sinergia che testimonia la centralità di questo territorio nell’architettura monumentale dell’epoca. L’entità della fornitura fu colossale: per l’edificazione della stazione furono adoperate oltre 45.000 tonnellate di Pietra di Aurisina. Questa impressionante quantità di materiale non fu impiegata unicamente per gli elementi strutturali, ma divenne la materia prima per definire l’intera identità dell’edificio, dalle immense facciate ai grandiosi spazi interni, come la Galleria delle Carrozze e l’atrio biglietteria.
La versatilità della Pietra di Aurisina si manifestò pienamente nel suo duplice impiego: da un lato, come elemento costruttivo capace di dare forma a volumi potenti e durevoli; dall’altro, come materia per raffinate opere decorative, sia interne che esterne. L’apice di questa maestria tecnica e artistica si raggiunse nella realizzazione delle straordinarie sculture monolitiche, figure allegoriche che adornano il coronamento dell’edificio. Ognuna di queste opere, del peso di oltre 200 quintali, fu scolpita da un unico, gigantesco blocco di Pietra di Aurisina. Questa impresa fu una straordinaria dimostrazione non solo dell’abilità degli scultori, ma anche della qualità eccezionale dei blocchi estratti, la cui integrità strutturale permise una lavorazione di tale complessa e ardita concezione.
A testimonianza della straordinaria resilienza di questo materiale si aggiunge un interessante episodio risalente alla fine degli anni Sessanta. L’inquinamento atmosferico di Milano aveva annerito le facciate della stazione e le Ferrovie dello Stato avevano pianificato una costosa e invasiva operazione di sabbiatura. Appresa la notizia dai giornali, l’allora amministratore delegato della Cava Romana contattò personalmente i vertici delle Ferrovie, facendo presente che la natura compatta e poco porosa della Pietra di Aurisina non richiedeva un intervento così drastico: sarebbe stata sufficiente una semplice pulizia con idropulitrici per far tornare la pietra al suo splendore originale. Il consiglio fu seguito, portando a un risultato eccellente e a un notevole risparmio economico, come testimonia una lettera di ringraziamenti inviata dalle Ferrovie dello Stato e tuttora conservata negli archivi della Cava Romana.
