1938 – 1950
Nel panorama architettonico di Trieste, l’Edificio Centrale dell’Università degli Studi si impone come una vera e propria acropoli laica, un complesso monumentale che domina la città dal colle di Monte Valerio. La sua costruzione non fu solo un atto edilizio, ma un’operazione di alta valenza simbolica, a lungo inseguita dalla città fin dai tempi del governo asburgico e concepita, dopo l’annessione all’Italia, per affermare il prestigio della cultura italiana in una città di frontiera. Per un’opera di tale importanza, la scelta del materiale non poteva che ricadere sulla pietra che più di ogni altra incarna l’identità del territorio: la Pietra di Aurisina.
Il progetto, affidato a due figure di spicco dell’architettura nazionale, Raffaello Fagnoni e il triestino Umberto Nordio, prese avvio ufficiale nel 1938. L’iter costruttivo, tuttavia, fu complesso e travagliato. Interrotto bruscamente dal secondo conflitto mondiale, il cantiere fu portato a compimento solo nel 1950, in un contesto politico e sociale profondamente mutato. Questa lunga gestazione, però, non intaccò la grandiosa visione originaria.
Stilisticamente, l’opera è uno degli esempi più compiuti del Razionalismo Monumentale italiano, declinato in quella versione spesso definita “Stile Littorio”, caratteristica delle grandi opere di Stato del tempo. L’architettura abbandona il decorativismo per affidarsi alla potenza dei volumi puri e alla grandiosità della scala. I progettisti attingono al repertorio del classicismo romano, ma lo semplificano in chiave moderna: la simmetria, il ritmo costante delle aperture e l’imponente porticato sono ridotti a forme geometriche essenziali. In questa visione, l’uso massiccio del rivestimento lapideo non è un ornamento, ma l’elemento stesso che definisce la monumentalità e il carattere dell’edificio, nel suo interno con le scalinate gemelle delle due ale, nonché dell’enorme piazzale e della imponente scalinata antistanti.
In questo schema, la Pietra di Aurisina, fornita dalla Cava Romana, rappresentò l’elemento di continuità e di forza. Essa non è un semplice rivestimento, ma la materia stessa che dà corpo e anima all’edificio. Le vaste e ritmiche facciate sono interamente scandite dalla presenza della pietra, che con la sua compattezza e la sua tonalità chiara esalta la purezza geometrica dei volumi. La sua solidità e la sua durabilità erano la traduzione fisica dei valori di perennità e di eccellenza culturale che l’istituzione universitaria doveva rappresentare.
L’Università di Trieste rimane quindi una testimonianza superba di come l’architettura monumentale del Novecento abbia trovato nella Pietra di Aurisina il materiale ideale per esprimere le proprie ambizioni. È un’opera in cui la visione degli architetti e la nobiltà della pietra si fondono in un complesso che non è solo un luogo di studio, ma un landmark indelebile nel paesaggio e nella storia della città.
